Scuola-lavoro, il modello Enel alla Bocconi

Pubblicato il lunedì, 4 febbraio 2019

L'Università Bocconi sceglie Enel per affrontare la questione dello skills mismatch, il divario tra le competenze dei laureati e le reali esigenze del mercato del lavoro. Una discrepanza che in Italia rappresenta un importante freno alla crescita del Paese - quantificabile secondo l'OCSE in un gap retributivo annuo di circa 4mila euro per lavoratore - e che Enel ha cercato di risolvere attraverso l’“apprendistato in alternanza”: con la formazione finalizzata all’assunzione di studenti della scuola superiore tra i 16 e i 17 anni.

A raccontare l’esperienza del nostro Gruppo è stato Filippo Contino, Responsabile Relazioni Industriali Enel Italia, in occasione di una tavola rotonda nel contesto del terzo policy workshop J.P.Morgan-Bocconi “From School to work: educational choices matter” (Dalla scuola al lavoro: l'importanza delle scelte di studio).

“Sperimentato per la prima volta in Italia nel 2014, in assenza di un chiaro quadro legislativo, – ha spiegato Contino - l'apprendistato in alternanza è diventato oggi parte strutturale del sistema di recruiting e assunzione di Enel. Come funziona? Intercettiamo attraverso i colloqui studenti delle terze e delle quarte classi degli Istituti tecnici industriali, 18 in tutto selezionati in Italia insieme al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. I ragazzi prescelti, un giorno a settimana durante l'anno scolastico e d'estate a tempo pieno, lavorano in Enel insieme ai tecnici di distribuzione e delle centrali. Alla fine del quinto anno, dopo un ulteriore apprendistato, vengono assunti a tempo indeterminato”.

Un metodo, quello scelto da Enel anche attraverso l'aiuto di 500 tutor interni, che sta dando ottimi frutti: fino a oggi le persone coinvolte sono state circa 350, il loro rendimento scolastico è mediamente aumentato e da quest'anno l'azienda ha deciso di sperimentare – su due classi, a Torino e a Ravenna – il nuovo corso di formazione dei tecnici di industria 4.0. “È anche un modo – ha precisato Contino – per rivalutare l'istruzione tecnica, erroneamente ritenuta formazione di serie B: al contrario, è alla base dell'enorme sviluppo avvenuto a partire dagli anni '60 della piccola e media impresa italiana”.

Il peso dello skills mismatch in Italia, ha fatto notare il rettore della Bocconi, Gianmario Verona, è legato anche a un'informazione inadeguata fornita a studenti e famiglie: secondo un policy brief curato da Massimo Anelli, economista dell’università milanese, in Italia i laureati non solo sono pochi ma registrano anche un tasso di disoccupazione simile a quello di chi possiede un diploma, elemento che Anelli mette in relazione con la mancanza di informazioni in merito agli esiti lavorativi e retributivi delle diverse facoltà. “Il supporto all'orientamento deve iniziare presto, fin dalle scuole medie – conclude Contino – perché è l'unico modo che abbiamo per dare consapevolezza ai ragazzi delle loro reali attitudini”. 

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