Club di Roma, il futuro 50 anni fa

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Anticipare il futuro è dei profeti, dei visionari o degli scienziati. Aurelio Peccei, nonostante fosse un dirigente d’azienda torinese, ha avuto un’intuizione per la quale ancora oggi è ricordato. Cinquant’anni fa, insieme allo scozzese Alexander King, fondò il Club di Roma, un’associazione internazionale capace di vedere lontano, lanciando un allarme oggi innegabile: la crescita non può essere illimitata in un mondo con risorse limitate.

The limits to growth” (I limiti della crescita) era il titolo del primo rapporto del Club di Roma destinato a fare epoca grazie a un approccio nuovo, capace di connettere elementi come: aumento della popolazione, disponibilità di cibo, riserve e consumi di materie prime, sviluppo industriale e inquinamento.

Cinquant’anni dopo, a Roma, un convegno internazionale, sostenuto da Enel, il 17 e 18 ottobre ha ricordato la nascita del Club di Roma pubblicando un altro rapporto che torna ad occuparsi del futuro del pianeta dal titolo “Come On!”. Secondo l’associazione se non si accelera la lotta al climate change il mondo andrà incontro a un riscaldamento di 3 gradi entro la fine del secolo, con conseguenze devastanti per la vita del pianeta. Al fine di limitare l’aumento della temperatura globale a 2°C rispetto ai livelli pre-industriali (obiettivo minimo dell'Accordo di Parigi sul clima), le emissioni di anidride carbonica devono essere ridotte di almeno il 6,2% all'anno, mentre nel 2017 sono tornate a crescere dell'1,4%, dopo una pausa di tre anni. Difficile invertire la rotta se gli incentivi alle fonti fossili sono ancora 600 miliardi di dollari.

Il profetico rapporto di Peccei e del Club di Roma è stato ricordato dall’Amministratore Delegato di Enel, Francesco Starace, che ha partecipato al panel sull’energia dal titolo “Debate: Energy for the Future - Turning a Solution into Collective Action!”. Nel proprio intervento Starace ha sottolineato come l’evoluzione della tecnologia (“non si può fermare” e “sarebbe arrogante pensare di cambiarne la direzione”) stia rendendo sempre più conveniente la generazione da fonti rinnovabili e abbassando i costi di produzione e distribuzione dell’energia elettrica. Basti pensare alla trasformazione digitale delle reti e alle innovazioni nel campo dei materiali (c.d. scienza dei materiali), utilizzati nei settori più disparati, che nel tempo sono divenuti, sono per fare qualche esempio, più leggeri, resistenti e convenienti. L’avanzata delle rinnovabili è inarrestabile e non ha più alternative, ha spiegato Starace. Questo finisce per stabilizzare i costi dell'elettricità, riducendo l’esposizione alla variabilità di prezzo delle fonti fossili, permettendo di allargare l’utilizzo dell’elettricità ad altri settori. “Alla fine la decarbonizzazione sarà più veloce di quanto pensiamo” e ci attende “un futuro eccitante per un mondo elettrificato”, è stata la conclusione dell’AD di Enel alla platea del Club di Roma.

Il suo non è stato l’unico messaggio ottimista. Anche Jeremy Leggett, presidente di Solar Aid, una charity che promuove l’uso dell’energia solare nelle zone più povere del pianeta, e Thorhild Widvey, ex ministro dell’energia della Norvegia e presidente di Statkraft, una delle più importanti aziende energetiche europee, hanno ricordato gli incredibili passi in avanti rispetto a 50 anni fa: oggi gli investimenti in rinnovabili hanno superato quelli in petrolio e carbone, più di 100 città e 120 multinazionali si sono dati obiettivi di piena decarbonizzazione entro il 2050, l’Europa guida il cammino verso l’energia pulita, una strada imboccata con decisione anche dalla Cina. Entro il 2040, ha sostenuto Widvey, il 60 per cento dell’energia sarà prodotto da fonti rinnovabili con il 30 per cento in meno di emissioni di CO2 rispetto ad oggi.

Sarà sufficiente? Secondo l’economista statunitense Bill Rees no, è troppo tardi, “abbiamo creato un mondo di cui abbiamo perso il controllo”. Rispetto a mezzo secolo fa la popolazione è più che raddoppiata e le concentrazioni di gas serra sono aumentate al punto da far registrare i tre anni più caldi nella storia della climatologia. Gli abitanti delle città sono passati da 1,3 miliardi a 4, e le megalopoli con più di 10 milioni di abitanti sono passate da tre (New York, Shangai e Tokyo) alle 22 attuali.

Se il 1968 è stato l’anno simbolo del cambiamento il 2018 deve essere quello in cui il pianeta cambia strada per sopravvivere. Il Club di Roma ci aveva avvertito in tempo, 50 anni fa. Lunga vita al Club di Roma.