Economia circolare, un primato italiano

Economia circolare, un primato italiano

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C’è un’eccellenza italiana del Made in Italy che vale tanto ma di cui si parla poco. È l’avventura raccontata da “100 Italian circular economy stories”, il rapporto sull’economia circolare realizzato da Enel e Fondazione Symbola, terzo capitolo di una collaborazione avviata nel 2015 con il libro sull'economia verde e proseguita con il volume dedicato alla mobilità elettrica.

Dalla A di Armadio Verde alla Z di Zero Waste. Cento storie di “un’Italia che fa l’Italia”, secondo le parole di Ermete Realacci, Presidente di Symbola, che ha presentato il rapporto insieme con l’Amministratore Delegato e Direttore Generale del nostro Gruppo Francesco Starace il 14 marzo all’Auditorium Enel.

Un primato tutto italiano ma poco celebrato che il libro ha il merito di valorizzare.

Vista la scarsità di materie prime, il nostro tessuto industriale ha praticato la creatività dell’economia circolare anche prima che si chiamasse così. Un dna che si ritrova oggi in molte delle storie raccontate nel libro. Per esempio quella della fiorentina Dell’Orco&Villani, nata negli anni Sessanta per recuperare gli scarti tessili e reinserirli nel tessuto produttivo. Idea che si è rivelata fonte di successo con una produzione che oggi finisce per il 90% all’estero.

O come Comieco, il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base di cellulosa: nato negli anni Ottanta, oggi coinvolge oltre 3mila attori della filiera ed esporta imballaggi in tutto il mondo.

Salvatore Ferragamo, un campione del Made in Italy, ha realizzato una collezione di abbigliamento con i tessuti ricavati dalle arance grazie a Orange Fiber, l’azienda italiana che ha brevettato il primo tessuto al mondo ricavato dai sottoprodotti della lavorazione degli agrumi.

Tra le altre, la bolognese Regenesi trasforma lattine e frigoriferi in oggetti di design e in gioielli, mentre la startup Catalyst Group recupera addirittura gli scarti di lavorazione del marmo di Carrara. Tutti esempi di come si possa fare innovazione senza perdere la propria anima e senza tradire la vocazione industriale del proprio territorio.

“Il rapporto presentato oggi - spiega Francesco Starace che precisa che si tratta di una selezione tra oltre 300 storie - dimostra che tra le 100 eccellenze dell’economia circolare in Italia non ci sono solo grandi imprese, ma anche piccole e medie realtà, istituzioni, associazioni, cooperative che hanno avuto la capacità di anticipare i tempi e di adottare pratiche e processi industriali virtuosi, sottolineando la competitività del sistema italiano in ambito internazionale e contribuendo alla lotta ai cambiamenti climatici”.

 

I numeri di un primato

Un primato che si ritrova anche nei numeri. Secondo Eurostat, tra i grandi Paesi europei, l’Italia è quello con la quota maggiore di materia circolare impiegata dal sistema produttivo: quasi un quinto del totale (18,5%), davanti alla Germania (10,7%). Con 256,3 tonnellate per milione di euro prodotto, siamo anche il Paese più efficiente nel consumo di materia dopo la Gran Bretagna e secondo dopo la Germania per riciclo industriale con 48,5 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi avviati a recupero (meglio di Francia, Regno Unito e Spagna). Un recupero che fa risparmiare energia primaria per oltre 17 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno, ed emissioni per circa 60 milioni di tonnellate di CO(elaborazione Istituto di ricerche Ambiente Italia).

 “Dobbiamo essere meno pigri e più curiosi dell’Italia” è l’esortazione di Realacci, il quale ricorda che i nodi ancora da sciogliere non mancano. Per esempio, la mancanza in alcuni settori di una cornice giuridica per l’end of waste (quando un rifiuto cessa di essere tale), o la burocrazia che oggi impedisce a un’azienda come la Fater, tra i protagonisti del libro, di mettere in produzione a Treviso il primo impianto al mondo per riciclare i pannolini al 100 per cento.

 

Misurare la circolarità

Oggi l’economia italiana del riciclo e del riuso rappresenta un benchmark internazionale, per esempio nella misurazione della circolarità. Lo ricordano Francesco Starace ed Ermete Realacci, secondo i quali converrebbe “alzare l’asticella della circolarità” anche in Europa, trasformando un interesse ambientale in un’opportunità per il Paese. Anche perché la capacità di riutilizzare e trasformare gli scarti rappresenta per un’impresa un valore economico e un vantaggio competitivo. E attraversa praticamente tutti i settori: dalla chimica all’agricoltura, dall’edilizia alla meccanica, dall’abbigliamento all’elettronica.

Gli esempi di economia circolare applicata da Enel sono tanti. Oltre a coinvolgere nel processo circolare i nostri fornitori, abbiamo sviluppato il CirculAbility Model per misurare la circolarità di prodotti, servizi ed asset, che tiene conto di tutti i 5 pilastri dell’economia circolare.

Il nostro Gruppo, ha ricordato il CEO, è stato anche tra i promotori di un’Alleanza insieme ad altre grandi aziende, con cui abbiamo firmato un Manifesto per “accelerare la transizione verso un modello circolare”.

 

“Le cento eccellenze di questo rapporto descrivono un Paese che, nonostante i tanti problemi e ritardi, ha esperienze avanzate su temi cruciali come la sostenibilità ambientale, la gestione della scarsità delle risorse e il contrasto ai cambiamenti climatici”

– Ermete Realacci, Presidente Fondazione Symbola