Enel, i numeri del 2013 e le sfide al 2018

{{item.title}}

“I risultati di Enel confermano la bontà delle scelte fatte in precedenza, a partire dall'acquisizione di Endesa nel 2005. È da questa data che puntano i dati. L'internazionalizzazione ha quindi portato risultati ottimi, nonostante la crisi economica”. Con queste parole l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti ha commentato i risultati del 2013 e il piano industriale del Gruppo al 2018.

Infatti, il debito scende (-7,2%), l'Ebitda cresce (+ 7,6%) e l'azienda è in pole position su molti mercati emergenti e fronti tecnologici decisivi per garantire competitività, performance e redditività per gli azionisti.

L'opera di diversificazione geografica e tecnologica iniziata quasi 10 anni fa, e di cui oggi si vedono i frutti, dà le proporzioni: nel 2005 l'azienda serviva 34 milioni di clienti in 11 Paesi, oggi 61 milioni in 40; allora i mercati di riferimento erano Italia e Spagna e da lì Enel traeva l'89% dell'Ebitda, oggi opera in 40 Paesi, il 40% dei suoi ricavi proviene dai mercati emergenti e l'Ebitda è raddoppiato arrivando a quota 16 miliardi.

Anche sul fronte del rientro dell'indebitamento, il 2013 ha registrato il miglioramento della gestione del capitale circolante: la riduzione del peso dei prestiti bancari rispetto a quelli obbligazionari e le azioni di deleverage (l'ultima è la plusvalenza generata dalla cessione di Artic Russia nel 4Q 2013) hanno portato il debito a 39,9 miliardi, sorprendendo anche gli analisti per lo più concordi nel prevederlo attorno ai 40,5 miliardi.

I prossimi cinque anni, così come descritto nel piano industriale al 2018, puntano sui 26 miliardi circa di nuovi investimenti, sulla crescita dell'Ebitda sino a 18 miliardi, e sulla riduzione dell'indebitamento finanziario sotto i 36 miliardi.

Linee guida di una strategia a lungo termine che ora può capitalizzare il lavoro svolto a partire dal 2005. Perché se è vero che “chi ben comincia è a metà dell'opera” per Enel la differenza sta nell'aver cominciato prima e quindi trovarsi oggi a dover completare un percorso già arrivato ben oltre la metà del cammino.