Reporting di sostenibilità, un'opportunità di crescita

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Il percorso che porterà I'Italia ad attuare la direttiva europea 2014/95/UE sulla rendicontazione delle informazioni non finanziarie delle grandi aziende, “non rappresenta solo un obbligo, ma un'occasione di sviluppo e crescita per tutto il sistema Paese”. A sottolinearlo Marina Migliorato, CSR di Enel, che ha seguito da vicino l'approvazione del provvedimento e ha curato, insieme al Global Compact Network Italiae al Network Italian Business Reporting(NIBR), un convegno a Roma sul tema. 


Duplice l'obiettivo dell'evento: da un lato mettere a fuoco i contenuti della direttiva rispetto al contesto europeo e internazionale, e dall'altro avviare un dibattito aperto tra mondo delle imprese e istituzioni per delineare prospettive e criticità della sua introduzione nell'ordinamento italiano. 


La direttiva impone ai grandi gruppi e alle imprese con più di 500 dipendenti di rendicontare, su base annua nel bilancio consolidato, tutte le informazioni riguardanti fattori ambientali, sociali e di governance, mettendo così “nero su bianco” lo sviluppo, la performance e l'impatto delle attività svolte in questi ambiti, inclusi il rispetto dei diritti umani, le misure anti corruzione, la diversity(con riguardo anche alla composizione dei consigli di amministrazione, quindi genere, età e provenienza geografica dei componenti). Il testo prevede inoltre l'estensione su base volontaria di questo tipo di rendicontazione alle piccole e medie imprese, ovvero alla catena dei fornitori.


La normativa interviene direttamente sulla legislazione contabile, obbligando le aziende a includere nella gestione d'impresa una dettagliata relazione di sostenibilità, la cui rendicontazione dovrà essere collegata ai dati economici. Il legislatore comunitario ha infatti inquadrato il provvedimento nel contesto più ampio della direttiva 2013/34/UE, che dovrà essere recepita dagli Stati europei entro il luglio 2015 e che di fatto rappresenta un vero e proprio testo unico europeo in materia contabile. Si è così puntato a codificare quello che è ormai un dato acquisito a livello globale: le informazioni “non finanziarie” e “finanziarie” devono procedere in parallelo creando un modello di business sustainability, capace di generare valore nel segno di una sempre maggiore trasparenza verso tutti gli stakeholder. 


Il legislatore comunitario ha lasciato poi alla discrezione di ogni Stato la definizione di modelli e indicatori delle performance (il testo individua infatti in modo preciso solo quelli in campo ambientale, ovvero tutela del territorio, emissioni inquinanti, utilizzo di acqua e di materiali), l'adozione di disposizione specifiche di salvaguardia per tutelare alcuni tipi di informazioni, e la previsione di audit su questo tipo di rendicontazione.


L'Italia sul piano strettamente normativo non dispone di una disciplina specifica in materia, pur avendo sviluppato negli ultimi anni, grazie a strategie lungimiranti di gruppi come Enel, una posizione di leadership internazionale nel reporting di sostenibilità. 


Manca però una cabina di regia nazionale sul tema. Un vuoto che potrà essere colmato nel percorso di attuazione della direttiva 2014/95/CE. Questa dovrà essere prima ratificata dal Parlamento (attraverso l'annuale Legge di delegazione europea) e quindi attuata nel dettaglio attraverso un decreto legislativo, predisposto dal governo e sottoposto al parere delle competenti commissioni di Camera e Senato. 


È in vista di questi passaggi che Enel - insieme alle diverse associazioni imprenditoriali interessate, a partire da Confindustria - intende sviluppare un confronto diretto e aperto con le istituzioni, per far sì che la rendicontazione di sostenibilità diventi effettivamente un'occasione di sviluppo e non un ulteriore fardello burocratico, soprattutto in considerazione della possibile estensione al sistema delle piccole e medie imprese.

Un confronto iniziato in occasione del convegno promosso da Enel al quale hanno partecipato tra gli altri Maria Benedetta Francesconi della DG politiche industriali del ministero dello Sviluppo economico, Paola Astorri di Confindustria, Margherita Bianchini di Assonime, Fulvio Rossi presidente CSR Management Network e Marco Fray della Fondazione Global Compat Network Italia.