Non c’è sviluppo sostenibile senza economia circolare: è questa la conclusione a cui, negli ultimi anni, sono giunte le istituzioni, le aziende, le associazioni e molti privati cittadini, al punto che il semplice termine “economia”, privo di quell’aggettivo, comincia a suonare obsoleto. E lo sviluppo sostenibile è a sua volta una strada obbligata, l’unica che, grazie all’innovazione, può assicurare competitività e al tempo stesso sostenibilità ambientale.
Il progetto Futur-e si è affermato come una delle applicazioni di economia circolare più rilevanti in ambito internazionale. Perché questo riconoscimento?
Per capirlo bisogna partire da che cos’è esattamente l’economia circolare. Il concetto si può riassumere in tre punti: primo, utilizzare materie prime ed energie il più possibile rinnovabili. Secondo, incrementare al massimo il fattore di utilizzo di beni e prodotti attraverso tutte le soluzioni possibili, dalla condivisione alla vendita in forma di servizi, all’estensione della vita utile dei prodotti. Terzo, ridurre al minimo i rifiuti, recuperando il più possibile i beni a fine vita attraverso riuso e riciclo. Per raggiungere questi obiettivi è necessario che essi siano tenuti in considerazione in maniera sistemica durante ogni fase della catena produttiva e di consumo, dalla progettazione al recupero.
L’impegno di Enel nell’economia circolare è iniziato circa cinque anni fa, con la decisione di concentrare i nuovi investimenti sulle fonti di energia rinnovabile e il lancio della nuova filosofia ‘Open Power’, rivolta all’apertura e alla collaborazione col mondo esterno. Questi due passaggi hanno creato i presupposti per un approccio strutturato al tema dell’economia circolare.
In questo percorso di crescita del Gruppo ha avuto un ruolo fondamentale il progetto Futur-e, sia per le dimensioni che per la visione totalmente fondata sui princìpi dell’economia circolare, che sono alla base di ogni fase del progetto. La genesi: con il cambio del paradigma energetico e la decisione del Gruppo di investire massicciamente sulle rinnovabili, si è reso necessario dismettere 23 impianti termoelettrici in tutto il Paese, ormai giunti a fine vita. Che farne? Ecco il salto quantico di Futur-e: considerarli non come 23 singoli mastodonti senza più valore, ma come un portafoglio di enormi risorse a servizio del Paese, sfruttandone le strutture per trasformarli in qualcosa di nuovo (parchi a tema, nuovi distretti industriali, poli di attrazione turistica) e utile a migliorare la qualità della vita delle comunità locali che attorno a quelle strutture vivono e lavorano. E che, proprio in virtù dell’approccio circolare e inclusivo del progetto, sono sempre coinvolte insieme alle autorità locali, alle università, agli studi di progettazione, nel decidere in che cosa si trasformerà la vecchia centrale.
Ecco l’applicazione perfetta del concetto di circolarità in economia: estendere la vita degli asset che caratterizzano questi 23 siti (infrastrutture, connessioni, competenze) permette di creare valore condiviso senza consumare nuove risorse in termini di suolo, materiali ed energia.
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